Come la cocaina altera la memoria
LUDOVICA R. POGGI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 07 dicembre 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Non molti anni fa alcuni, con l’inganno, sottoposero
dei parlamentari italiani ad un test del sudore per il rilievo indiretto dei
tassi plasmatici di cocaina, rilevando la positività in un numero
impressionante di politici. Poiché questi negarono l’autorizzazione a rendere
pubblico quanto rilevato, la questione fu presto insabbiata e dimenticata; ma
quell’episodio, al di là del giudizio morale che avrebbero potuto esprimere i
cittadini sui propri rappresentanti, ci rende conto del grado di irresponsabilità
o, se si vuole, di incoscienza di tanti esponenti della classe dirigente, circa
i gravi rischi che si corrono nell’assunzione di una sostanza cerebrolesiva che,
oltre a determinare addiction, riduce la durata della vita.
La grande quantità di effetti indesiderati prodotti
dalla cocaina alle dosi che determinano l’azione psicostimolante è difficile da
sintetizzare, come è difficile rendere in poche parole la profondità dell’impegno
biologico dell’organismo che la assume. Basti solo pensare ai meccanismi di destabilizzazione
del genoma cerebrale descritti otto anni fa da un gruppo diretto da Eric
Nestler con la supervisione di Solomon H. Snyder e ai cambiamenti nella
plasticità sinaptica indotti dalla cocaina nella VTA, area di fondamentale
importanza nello stabilirsi della dipendenza.
Ormai da decenni lo studio degli effetti molecolari e
comportamentali della cocaina costituisce il ramo principale della ricerca
sulle sostanze psicotrope d’abuso, e il settore che indaga il modo in cui l’alcaloide,
interagendo con un terreno di predisposizione, modifica le memorie associate alla
sua assunzione è di grande attualità e rilievo per la ricerca neurobiologica in
generale, oltre che per i campi specializzati della fisiofarmacologia e della
tossicologia.
Una particolarità delle memorie associate alla cocaina
è che, sebbene siano persistenti, nella rievocazione divengono temporaneamente
destabilizzate e vulnerabili alla distruzione, ma immediatamente dopo vengono
riconsolidate. William Wright e numerosi colleghi, fra i quali figura lo stesso
Eric Nestler, hanno indagato le basi sinaptiche e molecolari di questo
fenomeno, giungendo a risultati di notevole rilievo.
(Wright W. J., et al. Silent synapses dictate cocaine memory
destabilization and reconsolidation. Nature
Neuroscience - Epub ahead of print
doi: 10.1038/s41593-019-0537-6, Dec 2, 2019).
La provenienza degli autori è la
seguente: Department of Neuroscience, University of Pittsburg, Pittsburgh, PA (USA);
Department of Anesthesiology and Perioperative Medicine and Pharmacology, Penn State
College of Medicine, Hershey, PA (USA); Department of Psychiatry, University of
Pittsburg, Pittsburgh, PA (USA); Behavioral Neuroscience Branch, Intramural
Research Program, National Institute on Drug Abuse, National Institutes of
Health (NIH), Bethesda, MD (USA).
Si riporta, per il lettore non specialista, un brano introduttivo di una
recensione precedente:
“La cocaina (benzoilmetilecgonina, C17H21NO4)
è un alcaloide estratto dalle foglie di coca, noto da lungo tempo come
stimolante del sistema nervoso centrale con sede prevalentemente corticale,
inibitore dell’appetito ed anestetico locale. È nozione farmacologica
consolidata che le dosi basse e moderate di cocaina inducono incremento di
attività, loquacità, euforia, sensazione di benessere, resistenza alla fatica e
riduzione dell’assunzione di cibo[1]. Con il
crescere delle dosi si ha induzione di attività motoria ripetitiva e
comportamenti stereotipati; a dosi ancora maggiori si ha ipertermia,
convulsioni, coma e morte[2].
È intensamente studiata per le gravi
conseguenze che determina il suo consumo come sostanza psicotropa d’abuso. È, infatti,
una reinforcing drug[3] che
appartiene alla classe degli stimolanti psicomotori[4]. L’azione
si esplica principalmente attraverso l’interazione con le proteine trasportatrici (DAT, SERT, NET) dei
neurotrasmettitori monoamminici dopamina, serotonina e noradrenalina, con inibizione della ricaptazione ed
aumento extracellulare del mediatore[5]. L’incremento
della quota delle amine biogene che si possono legare al recettore
post-sinaptico è determinato anche da altri effetti dell’alcaloide, fra cui
l’internalizzazione del DAT.
L’iperstimolazione dei recettori delle
monoammine porta ad una complessa cascata di eventi post-sinaptici che
interessa molte regioni dell’encefalo e molti sistemi di neurotrasmissione: in
sintesi, un adattamento neuronico
implicante modificazioni dell’espressione genica di breve
e lungo termine e variazioni funzionali temporanee (incluso lo sviluppo di LTP
da parte di sinapsi eccitatorie sui neuroni dopaminergici della VTA). Questo
adattamento implica importanti effetti sulla trasmissione glutammatergica, sia
perché il glutammato ha un ruolo centrale nella plasticità sinaptica - e la
compulsione è la conseguenza di una forma di plasticità alterata
- sia perché, in molte regioni cerebrali ad innervazione dopaminica, la
regolazione è determinata da inputs
convergenti di glutammato e dopamina, con la catecolamina come neuromodulatore.
La trasmissione dei sistemi a glutammato del nucleo accumbens ha
un’importanza critica nel determinare il comportamento di ricerca della cocaina
da parte del ratto reso sperimentalmente dipendente. Infine, ricordiamo che gli
effetti psicomotori della cocaina più noti e studiati, sono mediati dalla
segnalazione dei recettori della dopamina D1 e D2 via PKA”[6].
L’articolo dal quale è tratta questa introduzione recensiva una ricerca
che ha dimostrato la distorsione nella regolazione
dell’eterocromatina nel nucleo accumbens, struttura cruciale per il
comportamento compulsivo nella dipendenza dall’alcaloide. Non meno importante
della comprensione dei processi che alterano la fisiologica regolazione
dell’espressione del DNA, è lo studio diretto dei cambiamenti indotti dalla
cocaina nella plasticità sinaptica dei
sistemi glutammatergici dell’area tegmentale ventrale del
mesencefalo (VTA). Un
lavoro sperimentale condotto in passato da un gruppo svizzero ha contribuito a
gettare le basi per giungere allo stato di conoscenze che ha preceduto lo
studio qui recensito:
“Manuel Mameli, Camilla Bellone, Mattew Brown
e Christian Lüscher, hanno ottenuto risultati in contrasto con quelli emersi
nella maggior parte dei lavori più recenti su questo argomento, in quanto hanno
riscontrato che l’assunzione cronica di cocaina induceva una riduzione delle
correnti sinaptiche dei recettori NMDA (N-metil-D-aspartato) del glutammato,
mentre si verificava un aumento dell’inserimento sinaptico dei recettori
glutammatergici permeabili al calcio AMPA (ac. α-amino-3-idrossi-5-metil-4-idrossazolpropionico).
I quattro ricercatori hanno poi rilevato che il trattamento con cocaina
invertiva la regola della plasticità dipendente temporalmente dalle scariche
nella VTA”[7].
William J. Wright, Eric Nestler e
colleghi, per comprendere le basi della particolare dinamica delle memorie associate
all’assunzione dell’alcaloide, hanno studiato i recettori AMPA delle sinapsi
eccitatorie silenti generate nel nucleo accumbens dall’autosomministrazione
di cocaina, e successivamente maturate dopo una prolungata astinenza, mediante
reclutamento di AMPA, acquisizione eco e consolidamento delle memorie della
cocaina.
I ricercatori hanno accertato e
dimostrato che, con il recupero di memoria dopo un’astinenza prolungata, le
sinapsi silenti maturate diventano AMPA-silenti nuovamente, ma questo stato è
seguito da una nuova maturazione circa 6 ore dopo, in tal modo definendo l’inizio
e la fine di una finestra temporale, cioè un intervallo di destabilizzazione
delle memorie della cocaina.
Tali dinamiche sinaptiche sono
temporizzate da Rac1: il decremento e l’incremento delle attività di Rac1 determinano,
rispettivamente, l’apertura e la chiusura della finestra temporale di
destabilizzazione delle memorie.
La sperimentazione ha dimostrato che
la prevenzione della nuova maturazione delle sinapsi silenti all’interno dell’intervallo
di destabilizzazione riduce la ricerca di cocaina indotta da stimoli adeguati.
In conclusione, gli esiti di questo
studio indicano che le sinapsi silenti generate dalla cocaina costituiscono un
definito insieme sinaptico che determina le dinamiche delle memorie associate
alla cocaina, e potrebbe essere un bersaglio di farmaci concepiti per eliminare
la memoria che porta alla compulsione.
L’autrice
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la
collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Ludovica R.
Poggi
BM&L-07 dicembre 2019
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Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di
Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484,
come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] L’interferenza con i meccanismi
fisiologici della fame può, in alcuni casi e in alcune circostanze, determinare
l’effetto paradosso dell’iperfagia.
[2] A questi ben noti effetti acuti si devono aggiungere
quelli cronici, che si identificano
con i sintomi del danno causato ai vari distretti dell’organismo: ipersomnìa/insonnia,
letargia, fame insaziabile, riduzione dell’attenzione, aumentato rischio di
ictus cerebrale; rinorrea, congestione nasale, disturbi della voce, dispnea,
broncospasmo, asma, emottisi; dolori anginoidi, aumentato rischio di infarto
del miocardio, aumentato rischio di morte in cardiopatici, febbre, eosinofilia;
abrasione dentale; disturbi cutanei associati a prurito.
[3] Per rinforzo si intende lo speciale effetto di “stamp in” collegato al piacere ed evolutosi per amplificare,
attraverso la ripetizione, i comportamenti che portano ad ottenere una
ricompensa sessuale o alimentare. La proprietà di rinforzare associazioni apprese
di sostanze impiegate compulsivamente ed in grado di causare dipendenza ed effetti
tossici alle dosi efficaci (tossicodipendenza)
si attribuisce prevalentemente all’attivazione dei neuroni dopaminergici dei
sistemi mesocorticolimbici (“sistema a ricompensa”). Tali neuroni dall’area tegmentale ventrale del mesencefalo
(VTA) proiettano ad aree corticali e
limbiche implicate nell’elaborazione della motivazione, della compulsione e di
risposte emotive. Fra queste aree sembra avere un ruolo particolarmente importante
per il rinforzo il nucleo accumbens,
che funge da interfaccia fra le regioni limbiche e corticali implicate nella motivazione, da un canto, e i circuiti
motori importanti per l’esecuzione di
comportamenti motivati. Il rinforzo
causato dalle sostanze d’abuso è conseguenza di un’interferenza artificiale con sistemi naturali che si sono evoluti
per 1. conservare la specie, attraverso meccanismi di amplificazione
dei comportamenti che favoriscono la riproduzione, e 2. conservare l’individuo, mediante l’amplificazione dei comportamenti
che favoriscono l’assunzione di cibo.
[4] Classe alla quale appartengono
anche i derivati dell’amfetamina.
[5] In passato si riteneva la
cocaina un inibitore della ricaptazione
della sola dopamina, poi, numerosi esperimenti con topi knockout per gli altri trasportatori, hanno dimostrato
l’importanza, per il rinforzo, dell’inibizione anche di SERT e NET (si ricorda
che l’acronimo deriva dalla “E” di epinephrine,
equivalente di adrenaline).
[6] Note e Notizie 26-02-11
Destabilizzazione da cocaina del genoma cerebrale.
[7] Note e Notizie 05-03-11 La cocaina
inverte le regole della plasticità sinaptica nella VTA